Mi sono avvicinato al tema “applicazioni didattiche del digitale” per ragione emotive, estetiche. Cioè perché mi affascinava l’idea. Non avevo nessuna conoscenza e nessuna competenza. Venivo da studi classici e da una laurea in Filosofia. Fine anni ottanta.
Ho comprato un PC (senza sistema operativo) e ho cercato di vedere quello che si poteva fare. Ho letto il leggibile, ho riflettuto, ho sperimentato.
Il primo risultato della riflessione è stato: per usare i computer per l’educazione bisogna prima capire cosa è l’educazione. E prima ancora, cos’è l’apprendimento, visto che l’educazione si suppone serva a migliorare e favorire l’apprendimento.
Sono arrivato (attraverso Dewey e altre letture) all’idea che l’apprendimento non è un fenomeno di introiezione di informazioni, ma nemmeno di costruzione di strutture mentali. E’ una ristrutturazione dell’ambiente, proprio quello esterno. Nel mondo reale è difficile farlo; l’ambiente educativo è invece uno spazio/tempo progettato apposta per permettere questa ristrutturazione, e per gestirla insieme a chi apprende. Ristrutturazione che si scontra con limiti, che vengono spinti sempre più oltre. Ma che nel mondo fisico, ben presto diventano ostacoli insormontabili.
A questo punto viene in aiuto il digitale, che ha molti meno limiti. Come parte di un ambiente educativo, gli artefatti digitali (programmi, dispositivi) devono essere costruiti in modo da facilitare questa modifica dell’ambiente. Devono essere modificabili da chi li usa. Quindi come minimo si deve dare all’utente (ma che brutta parola!) la possibilità di capire come cambiarli per adeguarli. Quindi interfacce riconfigurabili a piacere, modalità operative che si possono incrementare.
L’attività di modifica di un oggetto digitale in generale si chiama programmazione. E a differenza della modifica degli oggetti fisici non ha praticamente limiti.
Quest’attivita è – o dovrebbe essere – la maniera fondamentale, in un ambiente educativo, per interagire con il software. Qualsiasi software: che sia un gioco o un programma di videoscrittura (sono i campi dove ho fatto un po’ di esperimenti), o per fare calcoli, o simulazioni, etc etc. E i software devono essere costruiti in modo da permetterlo, a diversi livelli. Tecnicamente e legalmente. Trascinando pannelli o programmando.
L’obiettivo non è imparare a programmare, né per assicurarsi un futuro, né per sviluppare abilità logico-matematiche. L’obiettivo è imparare meglio con strumenti che sono pensati apposta per questo.