Come sempre in cerca della terza via.
Ho visto spesso progetti iniziare senza nessuna idea dei mezzi disponibili.
“Questi sono gli obiettivi, qual è la tecnologia che si accompagna meglio?” Un po’ come il vino sulla portata principale.
Ne ho visti altri partire dai mezzi e poi andare in cerca dei fini compatibili.
“Questa è la tecnologia disponibile, che obiettivi possiamo raggiungere?” Un po’ come il cuoco alle prese con il frigo semivuoto.
Raramente questi progetti hanno funzionato, e a posteriori ci si è domandati perché. Dentro di me, mi dicevo che avrebbe dovuto essere chiaro il perché fin dall’inizio.
Nel primo caso, si finisce per sottosfruttare le potenzialità della tecnologia, nel secondo per lasciarsi guidare solo dalle finalità standard, già note e più o meno cablate nelle tecnologie conosciute.
A me pare – senza ricerche neuroscientifiche a supporto – che la mente non funzioni necessariamente così (da A a B, oppure da B ad A).
Questi modi sequenziali sono utili, ma sulla base della mia introspezione direi che ne esiste almeno un altro: quello parallelo.
La storia che ci raccontiamo è questa: voglio andare al mare, quindi cerco il mezzo di trasporto adatto.
Ma quando decido per il mare (in alternativa a Marte, al Polo Nord e all’altro lato della strada) so già quali sono i mezzi di trasporto disponibili, il loro costo, la complessità. Non scelgo prima la destinazione e poi mi accorgo che ahimé non posseggo un razzo nel garage.
Né faccio un censimento dei mezzi (macchine, moto, biciclette, skate, scarpe) per poi scegliere una destinazione raggiungibile con uno di quelli.
E’ la forma narrativa che, a posteriori, ci racconta la storia dei fini e dei mezzi. Non è colpa della narrazione né del linguaggio, è la nostra abitudine ad applicarli sempre e comunque. Il linguaggio e gli schemi narrativi forniscono alternative a “poiché…quindi”: per esempio “mentre”, “nel frattempo”, “contemporaneamente”. Ma sono più complicati da gestire e in ogni caso vanno sequenzializzati nel racconto.
Quello che succede nella mia mente (almeno credo) è più o meno questo: mentre guardo la moto in garage e penso a dove potrei arrivarci (“con un pieno, posso fare 400 km, ma poi mi fa male la schiena, quindi meno”) intanto mi vengono in mente destinazioni piacevoli, sconosciute, adatte alla stagione. Alcune sono talmente attraenti che sposto lo sguardo dalla moto alla bicicletta. O viceversa, mentre guardo sulla cartina e calcolo i kilometri, in un processo mentale parallelo seleziono automaticamente la bicicletta o il treno. Non sono due processi uno dopo l’altro, avvengono insieme con delle continue retroazioni, correzioni, aggiustamenti. Certo perché accada bisogna avere una conoscenza abbastanza approfondita dei mezzi, e avere una certa gerarchia dei fini (ottimale, preferibile, sufficiente) intrecciata con quella dei costi.
E dunque: obiettivi e tecnologie vanno scelti insieme.