L’IA è qui e per rimanerci

Non credo che rimanerci sia inteso alla romana, nel senso di “rimanerci secco”, ma invece nell’altro senso. Tipo i Romani che invadono la Gran Bretagna e costruiscono il vallo di Adriano contro i rozzi barbari del nord.
Linguaggio bruttino, militaresco. Ora noi, come i Britanni, dobbiamo decidere se piegarci e farceli amici o litigarci e finire per essere sconfitti.
Per esempio, studiando i buoni prompt. Efficaci. Cioè comprensibili da loro. Dopo cinquant’anni in cui i programmatori si sono scervellati per fare programmi che capissero noi utenti comuni, finalmente c’è stata la svolta.
In fondo l’IA (anzi, l’AI) è il futuro, e il compito della scuola è preparare al futuro. Questo futuro qua che dicono loro.
E poi se non seguiamo tutti il webinar numero 5 su come usare l’applicazione WillyWonkaSpace potenziata con il modulo AI_ProntChiParl finisce che restiamo indietro, i ragazzi si sa già ce l’hanno sul telefonino e si fanno fare le versioni di latino.
E poi insomma guarda che ficata, era dai tempi del Commodore che non mi divertivo così. Io docente, intendo. Loro forse meno, ma pazienza.

Allora ripartiamo con ordine.

  1. l’IA non è una cosa, non è un soggetto, non fa e non sta. Ci sono persone che lavorano in società (o università, è lo stesso) che hanno consigli di amministrazione e soci investitori (spesso fondi internazionali). Questi sono i soggetti che decidono e spingono di qua o di là. Spiace deludere.
  2. Ci sono stati mille modi diversi di scrivere software che fa cose che (Turing dice che) dovremmo chiamare intelligenti. Non è che l’IA stava lì a provarci e – zac! – finalmente c’è riuscita. L’ultimo modo in ordine di tempo non c’entra quasi nulla con i precedenti ma è molto speciale inquantocché non abbiamo esattamente idea di come faccia; il che però non è un punto a suo favore, IMHO. Però caspita se è efficace e pure divertente un sacco.
  3. La serie di equivalenze IA = IA generativa = ChatGPT = prompt è sbagliata. Come minimo assolutizza e trascura un sacco di altre alternative: altre IA, altri fornitori di servizi , altre interfacce, altri modelli di costruzione e d’uso. Questo qua (il prompt schermo nero, stile telescrivente) è transeunte: meglio non perdere tempo a impostarci una pedagogia sopra.
  4. Il Futuro non l’ha mai beccato nessuno. A parte il buon Jules Verne, fare previsioni è una competenza che come specie non ci appartiene. Si vede dalle previsioni del tempo. Erano più bravi gli aruspici romani che i futurologi di oggi. Non abbiamo nessuna idea di cosa succederà domani: questi servizi scompariranno perché qualcuno si accorgerà che semplicemente costano troppo, consumano troppo, sono in mano a troppo pochi? Ci sarà una rivoluzione dei giornalisti e dei traduttori? I programmatori entreranno in sciopero e inseriranno bug nel sito dell’INPS? I professori universitari disoccupati occuperanno il Campidoglio (quello di Roma, eh)? Boh. Chi lo sa. Forse avremo altri problemi di cui occuparci.
  5. Ammesso invece che tutto vada liscio come l’olio, questi servizi web sono gratuiti oggi perché sono beta-test; come tutti i beta test, ad un certo punto finiscono. E cosa verrà dopo? Beh, io me lo ricordo quando i software didattici non venivano comprati dalle scuole perché avevano finito i soldi, spesi per comprare le licenze di Office per mettere in regola le segreterie che avevano usato Office craccato fino a quel momento. C’erano i signori col cappotto che distribuivano caramelle ai bambini davanti alle scuole e c’erano quelli che facevano circolare copie di Word senza bollino.
  6. Proporre alle scuole una sperimentazione e – dopo qualche mese – un abbonamento a pagamento è esattamente quello che loro (i fornitori dei servizi) vogliono. Sono totalmente d’accordo con loro, cosa credete? Personalmente ho sempre trovato che come le lavagne d’ardesia si pagano, così si dovrebbe pagare il software, “Timeo Danaos et dona ferentes” ovvero: se Google o Microsoft (per usare nomi di fantasia) offrono un servizio gratis a ottocentomila utenti qualche tornaconto ce l’avranno pure; oppure i loro commerciali hanno bevuto troppo. O si fanno fare le strategia di marketing da Copilot.
  7. Oppure no, non sono interessati a farsi dare un euro per studente. Magari gli va bene darci a tutti un account a ChatTGV gratis. Purché firmiamo una clausola piccolina sull’uso dei dati. Va beh, dai, anche senon la firmiamo, basta che continuiamo a usare il servizio, è come se avessimo accettato.
  8. Ah, io non uso il motore di ricerca Google, ma altri motori di ricerca. Propongo sempre i servizi di Framasoft, dovunque posso.
  9. “E poi non ho mai detto che a canzoni si fan rivoluzioni, si possa far poesia. Io canto quando posso e come posso”, eccetera eccetera.
  10. Omissis

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