Mappe personali

Siamo sull’autostrada A1 tra Bologna e Firenze, provenienti da Venezia. L’itinerario è molto semplice, e stimiamo di essere a casa per cena. Siccome però c’è parecchio traffico, accendiamo il navigatore (quello di serie dell’auto, una versione un po’ datata) per avere un’idea più precisa dell’ora di arrivo. Il navigatore, anzi la navigatrice, sulla base di un avviso di traffico di TMC, ci avverte che la variante “Direttissima” è chiusa al traffico e ci consiglia di prendere la “Panoramica”. L’ora di arrivo prevista è diventata 21:30, ma pazienza.

I cartelloni luminosi sull’autostrada però non ne fanno cenno. Approssimandoci al bivio vediamo che sono in tanti a prendere la Panoramica, molti più del solito. Dopo un po’ di esitazioni decidiamo di fidarci della società Autostrade per l’Italia e imbocchiamo la Direttissima, e che Dio che la mandi buona.


La navigatrice a questo punto va nel panico. Prima ci consiglia un’inversione a U, poi dice che non è in grado di suggerire nessun itinerario, poi comincia a ri-ri-ricalcolare il percorso, mostrando come ora di arrivo le 8:30 (!). Dopo un po’ di aggiustamenti (5:30, poi 2:30) si placa e ci avverte che arriveremo a casa alle 21:35 – cosa che difatti accadrà.
Probabilmente l’avviso di chiusura era datato, nel senso che la strada era stata riaperta ma c’era stato un ritardo nella diffusione del contro-avviso, vai a capire per colpa di chi.

Ci era giù successa una cosa simile passando per il viadotto di Genova. Eravamo tra i primi, subito dopo la sua apertura. Il navigatore (Google Maps in quel caso) quando si accorse che invece di uscire dalla sopraelevata e scendere al porto insistevamo sull’autostrada cominciò a sudare, ci chiese con fermezza di fare inversione al più presto, cominciò a mostrare una serie di ghirigori insensati sullo schermo, finché si arrese e tacque per almeno dieci minuti.
Qui semplicemente non c’erano stati dati sufficienti, cioè conducenti con a bordo l’app di Google e il GPS acceso, da cui raccogliere le nuove informazioni.

Questi episodi mi hanno ricordato che i sistemi di supporto alla guida (o alla scrittura, alla traduzione, alla chirurgia) sono, appunto, supporti. Ci piacerebbe poterci affidare completamente a loro? Forse. A volte. Certo preparare un quiz o riassumere un romanzo sono attività inerentemente meno rischiose.

Ma non c’è, per fortuna, un grande imbuto dove stiamo precipitando, un maelström vorticoso dentro il quale volenti o nolenti ci dobbiamo tuffare. Ci sono molti modi diversi per fare le cose (TIMTOWTDI) e non per forza l’ultimo è il migliore. Dipende dal contesto; competenza significa usare la risorsa giusta al momento giusto.

Come si fa a sapere quanto ci si impiegherà a andare, poniamo, da Venezia a Roma? Voi come fareste?
Io ho pensato questi 5 modi:

  1. Si guarda una cartina, si contano grossolanamente i km (600); si fa una stima della media della velocità; si divide la distanza per la velocità media: 600 km, 100 km/h: 6 ore. Non è molto preciso, ma funziona almeno nei casi più semplici. Ovviamente questo funziona se si viaggia solo in autostrada, senza preoccuparsi dei limiti di velocità.
  2. Avendo a disposizione la mappa con le limitazioni imposte in base a curve, restringimenti, immissioni, ma anche lavori in corso, cambi di carreggiata obbligati etc, si può invece dividere la lunghezza di ogni tratto per la velocità massima consentita e poi fare la somma. Questo suppone che il conducente vada sempre alla velocità massima consentita, mai di meno e mai di più. Occorre avere una mappa dettagliata e aggiornata con le decisioni dei gestori dell’autostrada. E se poi c’è traffico?
  3. Un modo molto più semplice è questo: si invitano tutti i guidatori a installare un’app che raccoglie i dati di posizione (velocità etc). Sulla base dei dati raccolti e filtrati su quel percorso, nella stessa ora, nello stesso giorno della settimana, si fa una statistica e si restituisce il tempo medio. Anche in questo caso, l’evento eccezionale (l’incidente, ma anche la manifestazione sul raccordo anulare) non è prevedibile.
  4. Si possono intervistare dei guidatori esperti e scrivere una serie concatenata di regole pesate, del tipo “se piove, aggiungi 10% del tempo previsto”, “se è l’orario di punta, aggiungi 20%”, “se ti avvicini ad una grande città, aggiungi 5%”, “se c’è un incidente, aggiungi 30%” eccetera.
  5. C’è infine (al momento) il machine learning. Come il modo 3, ma invece di limitarsi a delle statistiche si creano dei modelli (delle simulazioni dinamiche), che vengono confrontati con i dati reali, corretti, aggiustati, finché non producono delle previsioni giudicate attendibili. Come un videogioco, in cui una macchinina percorre il nostro stesso itinerario ma in uno spazio virtuale che è una copia di quello reale.

(nella realtà, si usa un mix di tutti questi metodi).

Il primo metodo lo posso applicare da solo, mi basta una cartina con l’indicazione delle distanze, un tachimetro e l’abilità nel fare divisioni (o una calcolatrice).
Per il secondo ho bisogno di dati geografici completi e aggiornati.
Per il terzo ho bisogno di milioni di utenti che cedano i propri dati di percorso.
Il quarto ha bisogno di tante interviste e di un software complesso che va sperimentato a lungo.
Il quinto ha bisogno di molti dati, molto tempo di calcolo, molte persone che lo validano.

Se volessimo confrontarli, potremmo farlo su più dimensioni: efficacia, costo, affidabilità, consumo, resistenza all’incertezza, dipendenza dalle risorse esterne, manutenibilità, inquinamento, velocità di calcolo, competenze necessarie per l’uso, etc.

Ad esempio, al momento il primo metodo è l’unico che tiene conto dello stile di guida, della propensione alla bravata, della voglia di chiacchierare e guardare il panorama. Gli altri (quello del navigatore standard, basato solo sul “data broadcasting”, quello delle app in stile Waze, basate sul crowdsourcing, quello basato su regole) invece sono costretti a far riferimento ad un utente medio. Principalmente perché anche se i dati relativi all’automobile vengono raccolti dalla “scatola nera” dell’assicurazione, non si può sapere chi è alla guida dell’automobile e quindi non si può costruire un profilo della sua maniera di guidare.
Immagino che tra poco invece questo dato – l’identità del pilota – verrà richiesto dal navigatore, insieme alla preferenze, e verrà utilizzato nella costruzione del modello su misura (metodo 5). Così si potranno fare previsioni più precise. Se guido io, ci vogliono 10 ore perché preferisco prendermela comoda, godermi il panorama, fermarmi alla trattoria su al valico. Se guidi tu, ci aggrappiamo ai sedili e preghiamo di non incontrare troppi autovelox.

Tutto questo per ricordare che calcolo non è solo informatica, informatica non è solo intelligenza artificiale, intelligenza artificiale non è solo Large Language Models e agenti discorsivi che al mercato mio padre comprò.


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